Auto ad uso promiscuo nell’Impresa: conviene ?

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Chi non usa l’auto per motivo di lavoro ? Forse l’artigiano con alloggio sopra l’azienda e che per il tipo di lavoro non va dai clienti né dai fornitori perché li riceve esclusivamente in bottega. Rarissimo ma non impossibile.

Quindi, fuori del caso menzionato, l’auto è certamente un bene strumentale utile alle imprese e non elenco l’infinità di casi che attestano la manifesta inerenza all’attività d’impresa.

Non nego neppure che – soprattutto nelle piccole strutture – si sia frequentemente fatto ricorso ad un uso molto estraneo all’impresa (promiscuo) del mezzo e talvolta si sia abusato.

Per questo in passato il legislatore aveva introdotto misure restrittive con l’intento di sterilizzare (rendere non deducibili) quei costi che si supponeva derivassero da un uso non inerente; anche se – bisogna ricordare – il mancato gettito derivante da tali costi non inerenti era più che compensato dalla mancata detrazione dell’IVA all’acquisto.

Oggi, lo stato dell’arte è la deducibilità al 40% dell’IVA corrisposta all’atto dell’acquisto e sulle spese di gestione soggette ad IVA nonché la deducibilità dei costi al 20%.

Volendo ipotizzare che l’imprenditore in campione utilizzi il mezzo promiscuamente, con un esercizio di razionalità cerchiamo di valutare quante ore possono essere dedicate al lavoro e quante vi sono estranee. Assunto che una settimana consta di 168 ore, che detratte 70 ore di esigenze fisiologiche ne residuano 98, se pensiamo che circa 65 ore sono assorbite dal lavoro (più intenso per chi opera in proprio) sono 33 le ore in cui il mezzo può essere utilizzato per finalità estranee all’impresa. Tali dati dovrebbero configurare un rapporto del 34% di indeducibilità e di conseguenza del 66% di deducibilità.

Ma se non convince il metodo proposto, proviamo col chilometraggio: mediamente la vettura che campioniamo percorre 20.000 km l’anno; da questo ammontare deduciamo i percorsi delle ferie, almeno due week-end al mese fuori porta, le uscite serali ed i viaggi da e per l’azienda possiamo collezionare valori compresi fra i sei e gli ottomila chilometri, il che significa una incidenza dal 30% al 40% che rende attendibilissimo il primo referto.

Veniamo, ora, ai dati economici del campione utilizzato: (i) auto del costo di 25.000 euro, (ii) detenuta per quattro anni, (iii) venduta all’inizio del quinto per 7.500 euro, (iv) costo carburante 3.000 euro annui, (v) costo pedaggi autostradali 350 euro annui, (vi) assicurazione e bollo 1.500 euro annui, (vii) manutenzione 500 e 1.000 euro i primi due anni e 1.500 gli ultimi due.

Utilizzando questi valori e sviluppando la fiscalità otteniamo che di 41.400 euro totali di costo nei quattro anni (al netto della dismissione dell’auto) ne sono deducibili fiscalmente (confrontando valori omogenei) solo 7.072 euro e cioè il 17% del totale costi.

Applicando questa percentuale alle ore (presunte di lavoro) emerge che per il Fisco la deducibilità è parametrata a sole 16 ore di lavoro: come dire che nelle altre 40 l’imprenditore non si dedica (col mezzo) all’attività dell’impresa.

Addentriamoci ora in aspetti numerici della fiscalità, con l’avvertenza che tutti i dati sono riferiti all’intero quadriennio di possesso della vettura.

Questa può essere analizzata da due diverse angolazioni: (i) quanto si risparmia assumendo i costi auto nell’impresa, (ii) quanto costa la fiscalità sulle componenti indeducibili.

Si deve anzitutto definire il costo, in percentuale, delle imposte dirette (posto che l’IRPEF agisce per scaglioni e poi vi sono l’IRAP e le addizionali): l’ipotesi che avanziamo è di assumere il 35% quale valore di media.

Nel primo caso prospettato il risparmio è di euro 2.397 di IVA e 2.475 di imposte, per un complessivo di euro 4.872.

Nel secondo caso prospettato la quota di indeducibilità comporta oneri fiscali per 12.015 che al netto del risparmio sull’IVA residuano in euro 9.618.

Le due posizioni divergono di quasi 15 mila euro: quale assumere nelle proprie valutazioni personali dipende dal vettore sul quale ci si colloca per esaminare il fenomeno.

Infine gli studi di settore: la presenza di tali componenti di costo, incide o no ?

Abbiamo assunto un contribuente che esercita un’attività “Labour Intensive” presso i clienti, che rende imprescindibile l’utilizzo dell’autovettura.

Lo studio elaborato con e senza i costi auto (in media 1.767 l’anno) evidenzia l’incremento della soglia di congruità (Ricavi puntuali) di 2.952 euro annui (a parità di tutti gli altri costi.

Non compete a noi trarre le conclusioni, ma pare che tutto deponga a disincentivo del possesso di auto da parte delle imprese.

 

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