Buoni Pasto elettronici: Cosa cambia dal 1 Luglio 2015

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Dal 1 luglio 2015 un emendamento alla legge di Stabilità sancisce l’aumento del valore esentasse del buono pasto elettronico, passando dunque da € 5,29 a € 7,00.

L’aumento della deducibilità ha un duplice scopo: elevare il valore medio nazionale del buono equiparandolo alla media europea, che da tempo si aggira attorno ai 7 euro, e rendere il mercato sempre più digitale.

La norma, è doveroso specificarlo, ha efficacia a regime soltanto a con esclusivo riferimento al cosiddetto ticket elettronico.

Il buono pasto elettronico è l’equivalente di una carta di credito ricaricabile, che però viene ricaricata di ticket e la si può utilizzare presso gli esercizi convenzionati che accettano i buoni pasto. La comodità di questo sistema è che l’impresa non deve più distribuire in busta paga i blocchettini di buoni pasto

Pertanto, i ticket emessi in forma elettronica danno al loro possessore il diritto di ottenere, dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni stessi, la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo.

Come cambia in concreto il trattamento dei buoni pasto?

Quali sono i vantaggi per lavoratori e datore di lavoro?

I lavoratori possono dire addio ai buoni pasto usati per fare la spesa al supermercato o per pagare la cena al ristorante o in pizzeria. Il motivo è chiaro: a norma di legge, i ticket non sono cumulabili, cedibili e convertibili in denaro (vale a dire che non danno diritto al resto in denaro) e vanno utilizzati solo durante le ore di lavoro per un massimo di un ticket al giorno. Ma, se fino ad oggi, nessuno aveva mai controllato che questa procedura venisse rispettata, con l’avvento della traducibilità del ticket elettronico sarà tutta un’altra storia. E per le società erogatrici sarà semplicissimo fornire alle aziende i dati sull’uso dei buoni che ne fanno i clienti.
La nuova normativa punta a due principali obiettivi:
– armonizzare il regime fiscale dei buoni pasto con le soglie europee, mediamente a € 7,00;
– favorire la digitalizzazione del mercato dei buoni pasto contrastandone l’utilizzo poco ortodosso presso gli esercizi commerciali che li accettano.

Il trattamento fiscale e contributivo dei buoni pasto – LAVORATORE

L’articolo 51 del T.U.I.R. 2º comma dispone che: “Non concorrono a formare il reddito le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di € 5.29, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ed altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione“.

I buoni pasto sono esenti da tassazione fino all’importo giornaliero stabilito dalla legge: soltanto l’eccedenza rispetto a tale cifra concorre a determinare il reddito da lavoro dipendente ai fini del calcolo dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali.

 

Il trattamento fiscale e contributivo dei buoni pasto – DATORE DI LAVORO

A far festa saranno soprattutto le aziende: non devono investire nella costruzione di una struttura interna da adibire a mensa, deducono i costi del servizio come costi inerenti alla gestione del personale e risparmiano sugli oneri previdenziali, dal momento che i ticket sono esclusi dal reddito imponibile, ora salito per gli e-ticket al limite complessivo giornaliero di € 7,00. Nel caso in cui l’azienda fornisse un buono di importo superiore a quello stabilito, non ha alcun vantaggio fiscale nella parte eccedente.

Per il datore di lavoro i costi dei buoni pasto sono sempre costi deducibili per competenza, in riferimento alla data in cui il dipendente ha usufruito del servizio buono pasto.

Il superamento del limite di esenzione comporta l’assoggettamento in busta paga di ritenute fiscali e contributi per la differenza attribuita.

 

 

Silvia Deidda – Consulente del Lavoro

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